Le ragioni della nomina a Capitale Italiana della Cultura 2023
Tratto da “LA CITTÀ ILLUMINATA” Dossier di programmazione
La nomina di Bergamo e Brescia a Capitale Italiana della Cultura 2023 (BGBS2023), occorsa il 16 luglio del 2020, è nata dal desiderio di fornire una risposta alla discontinuità che, dall’inverno 2020 in avanti, ha profondamente segnato la convivenza globale. La violenza e la rapidità con cui la pandemia di Covid-19 ha fatto irruzione nei territori delle due città, anche plausibilmente a causa dell’apertura globale della loro economia, ha fatto storia e le immagini di quei giorni hanno emozionato il mondo. Per questo il Governo Italiano ha risposto positivamente alla proposta avanzata dalle due città, decidendo di sostenere la loro candidatura con la nomina a Capitale Italiana della Cultura 2023, avvenuta con il Decreto “Rilancio”1, in via straordinaria e in deroga rispetto alle normali procedure. Così facendo, ha aperto la possibilità di comporre un progetto che da una parte ambisce a restituire un senso possibile alla tragica esperienza pandemica e ai suoi lutti – al tempo stesso personali e planetari – mentre dall’altra si impegna a raccogliere le energie di un territorio straordinario per comporre un disegno orientato al futuro e al rilancio, nel quale l’azione culturale agisca come catalizzatrice di innovazioni e visioni nei più diversi ambiti della convivenza. Fin dall’inizio, l’iniziativa ha connesso profondamente l’esperienza della memoria e un anelito di futuro: la nomina a Capitale Italiana della Cultura è stata infatti un riconoscimento alla storia delle due città, al loro patrimonio artistico e culturale – di valore mondiale – e alla loro capacità di rigenerarsi, di proiettarsi fattivamente in un presente fatto di costruzione, di lavoro, di innovazione, di domani. L’unione di memoria, luoghi, lavoro, capacità, persone e futuro ha dettato la trama del progetto, che si presenta come una “visione” del possibile, non solo per le due città, ma anche per i territori che attorno ad esse gravitano, componendo un’unità indissolubile. In modo solo apparentemente paradossale, trattandosi di un’iniziativa nata in risposta a una tragedia, il progetto nasce in nome delle parole “nuovo”, “innovazione”, “luce”, combinate alle parole “crescere insieme”, “solidarietà”, “cura”, “storia”,“civiltà”, “creatività”. Questo è accaduto certamente in conseguenza dell’origine del progetto: nei mesi precedenti la pandemia si poteva condividere l’apprensione per i timori dettati dai cambiamenti climatici, dalle migrazioni globali, dai conflitti geopolitici, ma certamente l’impatto della pandemia, la sua rapidità, la sua capacità di incidere sulle dinamiche più quotidiane e scontate della convivenza civile, ha segnato una discontinuità inaspettata. Si è trattato di un “nuovo” terribile e inatteso. Altrettanto nuove e diverse sono state però le risposte – prima spontanee e poi organizzate – che le espressioni della società civile e i governi locali hanno messo in atto appoggiandosi sulle fondamenta storiche di questi territori: la capacità di lavoro, l’abnegazione individuale e la resistenza organizzativa di medici, infermieri e personale sanitario; lo smart working con tutte le sue conseguenze organizzative; la riscoperta di una vocazione solidale – di cui sono state straordinario esempio aiutiAMObrescia e Bergamo per Bergamo –, fatta di vicinato, condominio e prossimità domestica; l’imposizione di regole inedite nell’uso degli spazi pubblici. Tuttavia, non sono solo queste le ragioni che hanno impresso il marchio dell’innovazione e della luce al progetto Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023. Bergamo e Brescia si sono riscoperte simili come terre, nuclei urbani appoggiati alla fascia prealpina e affacciati sulla Bassa padana, caratterizzati da storie antiche di civiltà vicine; da strutture idrogeologiche simili, da una distribuzione urbana e abitativa diversificata ma ricca di similitudini, da sfide climatiche e ambientali assimilabili, luoghi tanto prossimi da non aver mai davvero immaginato di dover assumere in modo nuovo un destino comune e che oggi scelgono il pensiero, innovativo, di crescere insieme. Questa prossimità ha trovato ulteriori, preziose, declinazioni. Bergamo e Brescia come terre di lavoro, di industriosità, di un saper fare concreto che si diffonde dalle campagne all’edilizia, dalle botteghe alle fabbriche. Un lavoro che sa trovare disciplina e soluzioni, che supera le difficoltà, che ha saputo comporre con generosità e misura le tensioni generate da intensi 1 PREMESSE flussi migratori, che ha generato e produce reddito e ricchezza, tecnologie all’avanguardia mondiale, saperi profondamente radicati. Questo lavoro si è tradotto nella creazione dell’area manifatturiera più importante d’Italia e tra le prime d’Europa, quindi tra le più significative del pianeta. Una realizzazione sontuosa che merita di essere rivendicata, raccontata, rilanciata, nel segno dell’innovazione. Bergamo e Brescia come terre di solidarietà e di cura, testimoniate non solo dall’efficienza dei sistemi sanitari delle due città e delle relative province e dal radicamento di una religiosità fattiva e solidale, ma anche dalla densa rete di associazioni, operatori del volontariato, enti ecclesiastici e soggetti non profit che hanno popolato un terzo settore tra i più sviluppati e cospicui del paese, articolato sui temi più differenziati, che vanno dalla cura degli anziani, dei soggetti socialmente più fragili e dei disabili all’attivazione dei quartieri periferici e all’inclusione delle minoranze etniche e confessionali. Un sistema che ha trovato riflesso e incentivo nella volontà di innovare e sperimentare delle istituzioni pubbliche, arrivando a produrre progetti di welfare innovativi e destinati ad operare sulla qualità della vita comune. Bergamo e Brescia come terre di memoria e di patrimoni, per il loro passato stratificato dalle civiltà più arcaiche ad oggi, i paesaggi antropizzati e la gestione delle acque, le preziose testimonianze archeologiche, i monumenti, le opere d’arte architettoniche e le fortificazioni che ne costellano i territori, le chiese, i monasteri e i luoghi di culto, per i castelli e i palazzi, le collezioni, le biblioteche, i musei e i teatri, i centri storici, i parchi, le materie prime e i prodotti alimentari della viticoltura, della produzione casearia e dell’enogastronomia d’eccellenza. Una memoria continuamente rilanciata non solo sul piano delle identità locali, ma anche su quello del turismo, delle forme di cittadinanza temporanea e della partecipazione. Bergamo e Brescia come terre di libertà, espressa in passato da forme di straordinaria resistenza collettiva e generosa adesione ai moti di liberazione e fondazione nazionale, che valse loro la Medaglia d’Oro come Benemerite del Risorgimento. Eredità che si sono radicate ed espresse in un profondo senso della responsabilità individuale, dell’intrapresa, del lavoro e della sua rivendicazione politica. Una libertà che davanti alla tragedia individuale e alla sfida sociale della pandemia si traduce nell’adesione all’idea di “dare inizio” come principio fondativo dell’umanesimo contemporaneo: dare inizio a una nuova idea di città, di lavoro, di solidarietà.